Pasqua 2020 – Pâques 2020 – Easter 2020

Quest’anno è stato più complicato trovare la concentrazione.

Le parole, l’idea, il concetto circolava da settimane ormai e faceva fatica a posarsi, a sedimentare, a lasciarsi prendere.

Auguri

Per Nascere due volte occorre morire

Passare oltre

Percorrere un cammino

Vincere le schiavitù

Poi la luce

Fa male

Agli occhi

Poi il freddo

Fa male

Sulla pelle

Poi la stanchezza

Fa male

Alle gambe

Eppure è gioia

Sentirsi sfiniti

Sentirsi svuotati

Sentirsi liberi

E ripensare, ripercorrere

Il sorriso richiede sofferenza

La libertà vuole tempo

Il cammino richiede una meta

C’è un prima e un dopo

Il dopo è diverso dal prima

Per questo si può rinascere, diversi.

 

Pour naître deux fois il faut mourir

Passer au-delà

Suivre un chemin

Vaincre l’esclavage

Puis la lumière

Qui fait mal

Aux yeux

Puis le froid

Qui fait mal

A la peau

Puis la fatigue

Qui fait mal

Aux jambes

Pourtant c’est la joie

De se sentir épuisé

De se sentir vide

De se sentir libre

Et repenser, retracer

Le sourire demande de la souffrance

La liberté prend du temps

Le voyage nécessite un but

Il y a un avant et un après

L’après est différent de l’avant

C’est pour cela qu’on peut renaître, différents.

 

To be born twice one has to die

To go beyond

Follow a path

Overcome slavery

Then the light

It hurts

In the eyes

Then the cold

It hurts

On the skin

Then fatigue

It hurts

In the legs

Yet there is joy

Feeling exhausted

Feeling empty

Feeling free

Rethinking, retracing

Smile takes suffering

Freedom takes time

The journey requires a goal

There is a before and an after

The after is different from the before

That is why we can be reborn, Anew.

 

 

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Diversità

Ho festeggiato il mio 50mo compleanno invitando chi in questi anni ha ricoperto un ruolo importante nella mia vita. Qualcuno ha potuto partecipare. Con loro ho condiviso una “festa diversa”, così l’ho chiamata.

Ho invitato 4 amici a interpretare la diversità dal loro punto di vista:

  • un fotografo: Massimo Arcaro
  • un musicista: Filippo Cosentino
  • un guardaparco: Luca Giunti
  • un sacerdote: don Carlo Pertusati

Ho condiviso la loro testimonianza con chi è riuscito ad essere con me.

Perché credo che se un futuro potremo avere non potrà che passare attraverso l’economia della condivisione.

Questo il testo che ho scritto e letto alla fine della festa:

Fin da quando ero piccolo mi piaceva percorre strade diverse.

L’ho scritto nel mio primo romanzo: anche quando dovevo arrivare alla stessa meta cercavo di cambiare via.

Ricordo che per andare alla scuola elementare a volte passavo per il corso e respiravo gli scarichi delle auto, che, chissà perché mi piaceva pure quell’odore.

Altre volte passavo per i campi, quelli che adesso non ci sono più e sono una serie di condomini e case e supermercato e campo da calcio in erba sintetica.

Perché poi i campi, quelli naturali intendo, loro, sono sempre diversi, perché una volta c’è il fango dopo la pioggia, una volta c’è un fiore che il giorno prima non era ancora fiorito, una volta c’è la terra smossa da una talpa, l’altra volta ancora un escremento di qualche animale e io che spesso guardo per terra ci vedo sempre qualcosa di diverso.

Poi mio nonno ha incominciato a farmi scoprire che può essere diverso un qualcosa apparentemente uguale. Era quella storia che ho raccontato in un altro mio scritto: “a r’é ‘na stòria bela ca fà piasì contera, veu-ti ch’et ra conta?”

E lì, oltre a imparare la perseveranza, ho incominciato ad intuire che con una stessa frase, sempre uguale, in realtà potevi andare avanti per ore a giocare con ciò che sembrava uguale, ma che in realtà era sempre diverso.

La diversità l’ho studiata.

Con gli insetti: un individuo della stessa specie eppure con sfumature di colori diversi, dalla livrea delle elitre di un coleottero, alle squame di una farfalla.

Con i fiori: decine e decine di specie diverse di orchidee spontanee in un fazzoletto di terra come sono le Langhe.

Diversa l’inclinazione, diversa l’esposizione, diversi i venti, diverso il clima; e gli animali si spostano e le piante si adattano.

Perché la diversità è garanzia di sopravvivenza.

Il DNA si mescola, la generazione successiva è sempre diversa dalla precedente ed è così che la vita ha imparato a sopravvivere a sé stessa, sulla terra.

Non c’è un meglio o un peggio c’è un diverso che è il passaporto per il successo.

Lo ha scritto Beppe Fenoglio, che si sentiva diverso; “non mi sento né migliore né peggiore”, scriveva.

Ma noi uomini abbiamo un rapporto strano con la diversità: cerchiamo luoghi esotici da visitare in vacanza, perché sono diversi dal nostro quotidiano; poi, in quegli stessi luoghi, cerchiamo persone che parlino la nostra lingua o ristoranti che servano ciò che mangiamo tutti i giorni a casa. Rientrati nelle nostre città cerchiamo i ristoranti che servono cibo dei luoghi dove siamo stati in vacanza, e ci fanno paura le persone che da quei luoghi sono scappate alla ricerca di qualcosa di meglio.

Già! Perché in fondo la diversità ci fa paura.

Arriviamo a farcela piacere, la diversità, ma a piccole piccolissime dosi.

La diversità definisce i suoi confini quando il cervello sinistro, quello razionale, prende il sopravvento su quello destro e tutto diventa parametrato, e incominciamo a prendere le misure, a stabilire quel confine bastardo tra ciò che è normale e cosa no.

E perdiamo quella spontaneità, priva di giudizio, che abbiamo da piccoli, quando i due cervelli convivono in pace.

Quella diversità che ci fa chiedere ingenuamente a nostra madre, di fronte ad una persona molto alta: “mamma perché quello lì è così grande?” o di fronte ad un nano “perché quello lì è così basso?” o di fronte a un portatore di handicap o a un individuo con la sindrome di Down o a qualunque altra diversità “mamma come mai quello lì è così?” e noi, diventati adulti, non sappiamo cosa rispondere, ci imbarazziamo, arrossiamo, perché ci siamo costruiti un sistema di riferimento che non prevede la diversità.

Quando ero ragazzino mi regalarono un gioco di magia. C’era qualche trucco facile da fare. Ricordo che c’erano due mezzelune colorate, mi pare fossero una verde e l’altra rossa. Se le mettevo una sopra l’altra erano identiche. Poi spostavo una delle due di lato e “magicamente” una delle due sembrava più grande dell’altra.

Ecco, forse, per capire davvero la diversità dovremmo allenarci a cambiare punto di vista.

Tutto sarebbe così diverso da apparirci uguale.

 

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I miei auguri di Natale 2019

Natale 2019 – Stella

Una stella

Indica il cammino

Lo illumina

Almeno un po’

Il giorno vince

La stella scompare

Il cammino continua

Forte e sicuro della direzione data

Il tempo vince

La direzione scompare

Poi torna la stella

 

Noel 2019 – Etoile

Une étoile

Indique le chemin

Il l’éclaire

Au moins un peu

Le jour gagne

L’étoile disparaît

Le voyage continue

Fort et confiant dans la direction donnée

Le temps gagne

La direction disparaît

Puis l’étoile revient

 

Christmas 2019 – Star

A star

Indicates the path

Illuminates it

A little bit

The day wins

The star disappears

The journey continues

Strong and confident on the right direction

The time wins

The direction disappears

Then the star returns

 

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I miei auguri di Pasqua 2019

La ricchezza del Vuoto

 

Vuoto il primo banco

vicino alla finestra

Vuota la barca

riversa su un fianco

Vuoto il garage

nel fine settimana

Vuota la cesta

alla fine del mercato

Vuoto il bicchiere

della vecchia osteria

Vuota la bottiglietta

abbandonata sulla strada

Vuoto il bidone

della spazzatura.

 

Vuoto il sepolcro.

 

Auguri

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#FridayForFuture – il mio intervento

Prima di tutto vorrei chiedervi, chiedere a tutti voi, SCUSA.

Scusa per quanto non ho fatto, non ho detto.

Scusa per quando avrei potuto fare qualcosa e mi sono girato dall’altra parte.

Eppure quando avevo la vostra età la Terra non stava tanto meglio e le avvisaglie di cosa l’uomo stesse facendo c’erano tutte e si facevano sentire già da molti anni.

Erano gli anni in cui il tutto il mondo si parlava di piogge acide, di buco dell’ozono, di inquinamento dei fiumi e dell’aria.

Grandi cantautori italiani cantavano i disastri causati dall’uomo: Lucio Dalla incideva Anidride Solforosa e Pierangelo Bertoli cantava:

“L’acqua si riempie di schiuma, il cielo di fumi

la chimica lebbra distrugge la vita nei fiumi

uccelli che volano a stento, malati di morte…”

E io, e noi siamo rimasti SORDI.

Prendevamo la chitarra tra le mani, cantavamo le canzoni, ma non abbiamo fatto niente.

Anzi quelli che cantavano “la storia di uno nato per caso in via Gluck” e quasi urlavano che “la dove c’era l’erba ora c’è una città” sono quelli che vi hanno riempito di cemento.

Sono qui a chiedervi scusa perché le 412 ppm di CO2 che ci sono proprio oggi nell’atmosfera non le avete prodotte voi, ma la mia generazione e quelle precedenti.

Solo quest’anno, in questi primi 74 giorni dell’anno, per ben 13 volte il CO2 è stato maggiore del valore più alto registrato lo scorso anno, in 3 giorni si sono superate le 414 ppm.

Questo vuol dire che la Terra ha la febbre, febbre molto alta, che porterà all’aumento, del livello dei mari, entro il 2100, tra 53 e 92 centimetri, che significa che intere parti oggi abitate, anche in Italia, saranno sommerse, come Venezia, Oristano o Cagliari.

Febbre che porterà ondate di calore sempre più frequenti, alle quali non siamo abituati e i più deboli, come i vostri nonni, rischiano di morire, come è già successo nel 2003, quando molti di voi, in questa piazza, nascevano, o erano nati da poco e in Europa morivano più di 50.000 persone a causa del caldo.

Se fa caldo non accendete i condizionatori, piantate alberi!

Questa febbre asciuga i nostri fiumi che ci danno da bere: sta accadendo proprio in questi giorni.

Molti si lamentano di non poter andare a sciare, ma molti di più nel mondo muoiono di sete. Il Po è 2,44 metri sotto i livello medio, pensate che ad agosto 2017 in piena siccità era a meno 3 e il lago di Bracciano, quello che dà da bere a Roma è quasi un metro e mezzo (145 cm) sotto il livello di guardia e si sta per bloccare l’emungimento.

Allora non mi resta che ringraziarvi.

Perché a differenza mia, voi non siete rimasti sordi, ma avete ascoltato il grido di una vostra coetanea.

Non fatene un’icona, altrimenti sarà solo l’ennesimo fenomeno social.

Prendetevi la vostra parte. Ognuno di voi cerchi il suo spazio e si prenda i suoi minuti di celebrità.

Non fate come noi che rischiamo di vivere come comparse di un film senza copione, siate protagonisti della vostra vita e di quella delle persone che amate, senza cadere nell’inganno di voler cambiare il mondo da soli.

Portate la vostra goccia con orgoglio, perché non ci sono piccoli gesti se saremo 60 milioni a farli, e fatela portare ai vostri genitori e agli amici dei vostri genitori.

Quindi GRAZIE per aiutare a svegliarci dal torpore nel quale stiamo vivendo e a camminare verso un futuro desiderabile da vivere tutti insieme.

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Incontri di approfondimento con “La Bibbia dell’ecologia”

Nella mia città: Alba.

Un capitolo per quartiere.

Vi aspetto, per confrontarci e arricchirmi 😉

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Per prenotare una copia a prezzo scontato con dedica scrivete a maurizio.bongioanni@envi.info

Gli incassi andranno tutti a sostenere le attività dell’Associazione AICA.

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Natale 2018

Nel posto sbagliato

O nel periodo sbagliato

Nascere

per scappare

A dorso di mulo

O su un barcone

Arrivare dall’altra parte

Al sicuro

Dove un potente

Non vuole

Che tu pianga

Da ciò che fuggi

Che tu sottragga il calore

Di animali senza padrone

Che tu attragga simpatie

Di pastori senza regione

Nel posto sbagliato

O nel periodo sbagliato

Nascere

Per respirare

L’aria del deserto

Che ti vuole veder crescere.

 

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Il nuovo libro – La Bibbia dell’ecologia

Ci siamo!

Dopo 25 anni di lavoro lunedì sarà in tutte le librerie il mio nuovo libro.

Una ricerca che mi ha portato a leggere per ben quattro volte l’Antico Testamento e scoprirne importanti messaggi per un futuro sostenibile.

Mi ci ero avvicinato con un mix di timore reverenziale e sospetto.

Ma contavo sulla voglia di dare contributi nuovi per il nostro futuro.

Spero siate in tanti a leggerlo e a darmi feedback perché è dai feedback che si impara e si migliora!

Sulla pagina dell’editore trovate tutti i dettagli: La Bibbia dell’ecologia

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Natale 2017

Spegnendo la luce, il falegname guarda il bancone e contempla quanto ha intagliato.

Alzando la zappa sulla spalla, il contadino ammira i piselli crescere nel solco.

Riposando le braccia dal telaio, la tessitrice controlla la sua tela.

Sollevando il collo, oltre il sangue, ancora sulle gambe, la madre cerca il suo futuro.

Dovremmo tutti sollevare il collo.

Oltre il sangue.

Cercare il futuro.

Buon Natale

 

Turning off the light, the carpenter looks at the counter and contemplates what he has carved.

Raising the hoe on the shoulder, the farmer admires the peas growing in the furrow.

Resting the arms from the frame, the weaver checks her canvas.

Relieving the neck, over the blood, still on the legs, the mother looks forward to her future.

We should all raise the neck.

Beyond the blood.

Looking for the future.

Merry Christmas

 

En éteignant la lumière, le menuisier regarde le comptoir et contemple ce qu’il a sculpté.

Élevant la houe sur l’épaule, le fermier admire les petits pois qui poussent dans le sillon.

Reposant les bras du cadre, la tisserande vérifie sa toile.

Enlevant le cou, sur le sang, encore sur les jambes, la mère cherche son futur.

Nous devrions tous élever le cou.

Au-delà du sang.

À la recherche du futur.

Joyeux Noël

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Il cammino verso la felicità

[mio intervento all’assemblea di istituto – 1000 ragazzi – del Liceo di Scienze Umane di Alba il 6 e 11 dicembre]
Mi è stato chiesto di parlarvi della felicità.
Forse perché sorrido sempre, forse perché quando in televisione parlo delle tematiche ambientali e della necessità di agire in fretta il commento più frequente è: “ma come fa a parlare di rifiuti e inquinamento essendo ottimista?”
Ora, io non so se si può raggiungere la felicità, ma voglio provare a dirvi tre cose, a darvi tre ingredienti per provare almeno ad avvicinarla la felicità.
Prima di tutto voglio dirvi: pensate a voi stessi.
Ci raccontano sempre più spesso che dobbiamo ragionare come comunità, non usare l’io, ma il noi, che, se possiamo cambiare davvero le cose, non possiamo che farlo insieme, che dobbiamo fare squadra.
Sono cose vere intendiamoci, ma diffidate da chi vi obbliga a ragionare così.
Per fare squadra, per salvarsi insieme occorre prima di tutto essere consapevoli del proprio io.
Se vuoi che qualcuno sia felice vicino a te devi esserlo prima di tutto tu.
Se vuoi che il tuo compagno la tua compagna stia bene devi stare bene innanzitutto tu.
Un economista francese Jacques Attali ha usato in uno dei suoi ultimi libri un’espressione che mi è piaciuta molto: se vogliamo lavorare per un futuro migliore dobbiamo comportarci “egoisti altruisti”.
Ho studiato e cercato di capire cosa volesse dire ed ho tradotto questa sua espressione con altri due esempi.
Il primo mi viene dal catechismo.
Uno dei passaggi più famosi del Vangelo, che tutti abbiamo sentito letto ascoltato almeno una volta è quando Gesù dice: ama il prossimo come te stesso.
Ci hanno sempre commentato la prima parte della frase, dicendoci che dobbiamo essere bravi con gli altri, pensare ai più bisognosi, ai meno fortunati. Ma ci hanno detto sempre troppo poco sulla seconda parte: “come te stesso”.
Dobbiamo amare prima di tutto noi stessi, per riuscire ad amare al meglio gli altri.
Se non amo me stesso, sarà impossibile amare gli altri.
Il secondo esempio è più pratico.
Per lavoro spesso devo prendere un aereo. Cerco di limitarne al massimo l’utilizzo perché è molto inquinante, ma quando devo andare lontano sono costretto a imbarcarmi.
Credo che molti di voi siano saliti su un aereo e chi ancora non lo ha fatto ha certamente visto film o telefilm con scene girate sull’aereo.
In ogni caso pensate alle hostess e agli steward che vi raccontano le istruzioni di sicurezza per il volo.
Ad un certo punto vi dicono che se mai dovesse succedere un imprevisto, so che state facendo segni scaramantici, alcuni dei quali non si possono raccontare, va beh! Devono fare il loro lavoro e cercano di farlo al meglio! Comunque vi dicono che se la cabina si dovesse depressurizzare scenderebbero delle maschere per l’ossigeno.
Chi fornisce le istruzioni si raccomanda che la indossiate prima voi e poi aiutiate chi è in difficoltà ad indossarla.
Questo perché solo se state bene voi potete aiutare gli altri.
Questo è, secondo me, il primo ingrediente per provare ad imboccare il cammino verso la felicità.
La seconda cosa che voglio dirvi è: non accontentatevi mai!
Spesso nel gioco dei sinonimi confondiamo l’essere felici con l’essere contenti.
Voi, a differenza mia che ho fatto la scuola enologica, studiate latino.
Allora sapete che “contento” deriva da contenere, che se da un lato vuol dire essere appagati, soddisfatti, dall’altra significa limitare.
Allora non accontentatevi mai.
Non nell’avere, perché i beni sono effimeri, ma nell’essere.
Cercate sempre nuove emozioni, nuovi amici, nuove mete.
Non fermate mai la voglia di scoprire cose nuove, luoghi e posti nuovi.
Leggete, scrivete, intessete relazioni.
Oggi con i social per certi versi è anche più facile, ma andate in profondità.
Non svalutate le cose.
Ad esempio con i social corriamo il rischio di svalutare perfino gli aforismi.
Leggiamo una frase veloce e con un clic la condividiamo.
Ma così facendo in realtà non cogliamo nemmeno il significato vero.
Una storia che si legge spesso sui social è quella dei due amici che si incontrano; uno ha una mela e anche l’altro ha una mela; i due amici si scambiano la mela e se ne vanno con una mela ciascuno, a volte nella realtà accade anche che uno se ne vada con due e l’altro resti senza, ecco questo è avere!
Se invece uno dei due ha un’idea e l’altro anche ha un’idea, e se la scambiano, tutte e due se ne andranno con sue idee: questo è essere!
La differenza è che, nel secondo caso, è molto più probabile che entrambe siano felici.
Quindi per me il secondo ingrediente per cercare la via della felicità è non accontentarsi mai.
Mi è stato chiesto di venire a raccontarvi la mia idea di felicità dopo l’uscita dell’ultimo film a cui ho partecipato: Immondezza – la bellezza salverà il mondo per la regia di Mimmo Calopresti.
Forse perché le persone alle quali ho raccontato il film sono state colpite dal fatto che sembravo felice.
C’è qualcosa di più.
Cosi vi racconto il terzo ingrediente.
Quattro anni fa l’allora commissario europeo all’ambiente Janez Potocnik chiese ai colleghi dell’Associazione Internazionale per la Comunicazione Ambientale di coordinare per tutta Europa la giornata contro l’abbandono dei rifiuti, l’European Clean Up Day.
Con il Ministro Italiano all’Ambiente per promuovere l’iniziativa organizzammo un evento in collaborazione con le Ferrovie dello Stato, pulendo attorno alla stazione di Bologna Centrale, animando la rete FrecciaRossa con alcuni gruppi di bambini, e pulendo attorno alla stazione Termini di Roma.
L’evento andò bene, ma non ebbe l’eco che avremmo voluto.
Ero dunque alla ricerca di un’idea.
Volevo, come avrebbe detto Steve Jobs, unire tre puntini.
Volevo comunicare che purtroppo buttiamo troppi rifiuti a terra, non solo nelle nostre città, ma anche nei più sperduti sentieri di montagna, nei boschi, in campagna.
Volevo raccontare l’enorme quantità di rifiuti che galleggiano o che sono affondati nei nostri mari, tra i 5 e i 10 milioni di tonnellate solo di plastica all’anno finiscono nei corpi idrici.
Volevo evidenziare un dato che pochi conoscono, ovvero che 3 rifiuti su 4 presenti in mare, cioè il 75% arriva dall’entroterra.
Land based dicono gli inglesi.
In pratica cosa noi buttiamo per terra qui ad Alba, a Torino, a Milano, a Berlino o Parigi prima o dopo finisce in mare, portato dalle piogge dai torrenti dai fiumi.
Pensavo a come raccontare con efficacia queste tre cose, quando un giorno incontro un mio amico che corre in montagna, Oliviero si chiama il mio amico.
Quel giorno Oliviero mi racconta che, in un momento complicato della sua vita, per passare vacanze alternative, aveva corso da Aosta a Ventimiglia attraverso le montagne.
Appena me lo ha detto ho pensato: Aosta è per tutti la montagna, Ventimiglia è al mare.
La corsa è quella che fa il rifiuto che noi buttiamo. Sui sentieri che si attraversano si possono raccogliere i rifiuti.
allenami e lo rifacciamo insieme! Gli dissi.
Così tre anni fa, nel 2015, io che non avevo mai corso in vita mia, mi sono ritrovato a fare 400 km con 20mila metri di salita in 8 giorni!
Ho vomitato, è venuta la croce rossa e i medici a rianimarmi, i fisioterapisti a cercare di rimettermi in quadro, zoppicando sono però arrivato fino in fondo.
La corsa ha funzionato!
L’abbiamo chiamata KeepCleanAndRun – Pulisciecorri.
L’anno dopo, nel 2016, siamo andati da San Benedetto del Tronto a Roma, dal mar Adriatico al mar Tirreno.
E quest’anno dal Vesuvio all’Etna.
Le prime due corse le ho raccontate in altrettanti libri, quella di quest’anno è diventata un film.
15 milioni di italiani sono in qualche modo venuti in contatto con la corsa e con il messaggio.
Il tutto ha funzionato a tal punto che gli organizzatori di grandi corse in montagna mi hanno chiamato come testimonial.
Io che a stento arrivavo al fondo, mi trovavo con campioni d’Europa o del mondo al fianco.
È stato quando la Regione Val D’Aosta mi ha chiesto di partecipare come testimonial ambientale dell’ultra trail più duro del mondo, 340 km e 28mila metri di salita da percorrere in massimo 150 ore, che ho cercato un allenatore.
È così che ho chiesto ad una persona che conoscete bene perché è un vostro professore, Roberto Menicucci, di allenarmi.
Ho imparato tanto dalla corsa.
Ho imparato che per arrivare in fondo ci vuole passione.
Passione, altra cosa che abbiamo imparato dal catechismo, significa sofferenza.
Per arrivare in fondo bisogna soffrire.
Così quando parto per una gara so che soffrirò, se la gara è di più giorni, come quelle che preferisco, so che avrò delle crisi, anche più di una al giorno, crisi di fame, di vomito, di sonno, di scoraggiamento, di male alle gambe, e poi ancora e ancora.
Ma so che le crisi arrivano per essere superate e permettermi di arrivare alla fine.
Ecco il terzo ingrediente: per camminare verso la felicità bisogna soffrire, affrontare le crisi.
Se soffrite con il vostro compagno o la vostra compagna è perché vi state confrontando, se siete in crisi con qualcuno è perché c’è relazione vera.
Questo ho provato a dirvi sulla felicità: amate voi stessi, non accontentatevi e mettete passione.
Buona vita.
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